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Francesco Falconetti
A volte, così docile, mi lascio cullare. Questo mutevole vento (che talvolta ritorna), mi trasporta, così lontano. ... (continua)
La sua poesia preferita:
Zina non conosceva il colore del mare
Zina non conosceva il colore del mare,
coi suoi quindici anni ed una valigia vuota
s'incamminava scalza lungo la polverosa strada di paese che portava al mare.
Nessun amico, nessun perdono,
quegli occhi azzurri d'un azzurro mare
sconfitti e spenti... leggi...
Nell'albo d'oro:
Come l’amore e la pioggia di marzo
Seppure l’amore, sì l’amore!
potrebbe avere ottime ragioni per illuminare le stelle
- Ishtar non troverebbe su questo nulla da ridire -
ed il faro della luna potrebbe scandire
l’arco asintotico dei nostri battiti dipinti sul blu
A volte il viaggio mi rinfranca le stanche ali:
ho respirato tante volte il sapore del sale
tra le onde profonde del Mediterraneo,
ne ho risalito le correnti verso Nord,
sono venuto a trovarti, tra le colline di Tissi
- tu mi stavi aspettando -... leggi...
La neve dell’87
Piovevano lacrime di ghiaccio
nell’aprile dell’ottantasette
e la timida primavera nascondeva le rondini
tramortite da quell’assurda persistenza (fatta di neve).
Era il tripudio delle strane circostanze, di noi
che neanche ci conoscevamo poi
che... leggi...
Desiderio, sai?
Il cuore suonava un valzer nella notte,
tre ninnananna udìi nel profondo dei suoi respiri.
Credevo d'impazzire
trafitto dal dolore.
Il caso e la ragione
mi soccorse,
su fogli dipinti... leggi...
Non saprai mai
Non saprai mai padre
il mio destino,
figlio di tradite stelle
che falsamente illuminano il giorno
e che m'ispirano, oggi, a parlar di te,
ormai da lustri immobile nel tuo bianco sepolcro.
Non saprai mai padre
il dolore dei miei vent'anni... leggi...
Come condanna, sulle mie dita
Come condanna, struggo le mie membra
alla ricerca di perduti istanti, d'emozioni.
E non v'è giorno, non v'è istante
che non ricordo,
nella rinnovata mia sorte,
che, come condanna,
son destinato a convivere
con la mia... leggi...
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Francesco Falconetti
Zina non conosceva il colore del mare
Impressioni
Zina non conosceva il colore del mare,
coi suoi quindici anni ed una valigia vuota
s'incamminava scalza lungo la polverosa strada di paese che portava al mare.
Nessun amico, nessun perdono,
quegli occhi azzurri d'un azzurro mare
sconfitti e spenti guardavano ormai solo il silenzioso vuoto della sua anima.
Zina, coi suoi quindici anni,
con quello strano trucco sulla sua faccia da bambina,
troppo evidente da cancellare,
troppo profondo da poter dimenticare.
Zina, coi suoi quindici anni,
con una mamma sola e sei fratelli da dover sfamare
in quell'Agosto afoso di paese del Sud
dove la povertà è vergogna
e la disperazione ti fa vendere il corpo uccidendoti l'anima.
Zina non conosceva il colore del mare,
a piedi scalzi raggiunse la scogliera e,
stanca, chiuse gli occhi per un istante,
mentre l'azzurro dei suoi occhi s'unì all'azzurro profondo del mare.
Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
Nota dell'autore:
«Liberamente ispirata alla tragica storia di Palmina Martinelli, morta bruciata viva a 14 anni a Fasano (BR) l'11 novembre 1981 e mai creduta, pur avendo denunciato, mentre era ormai morente in un letto d'ospedale, i suoi assassini. Il nome qui citato, Zina, è di pura fantasia e non intende riferirsi a nessuna persona così chiamata.»
Commenti di altri autori:
«bella, commovente, tristemente attuale... grazie per averla scritta.»
«Una testimonianza da urlare e far sapere ... occhi innocenti che non hanno visto più luce per ogni catena che si possa aggiungere alla rabbia... versi decisamente apprezzati»
«non bisognerebbe mai dimenticare questi atroci episodi, purtroppo innumerevoli, che hanno macchiato indelebilmente l'Uomo... che conducano a riflettere su quanto poco (nulla!) faccia la giustizia per tutelarci, quanto vergognoso ed insopportabile sia apprendere come questi mostri spesso la passino liscia...»
«Un racconto poetico di un fatto accaduto. L'uso dell'anafora imprime un ritmo incalzante all'opera, quasi a voler stimolare il lettore a non dimenticare. Scritto molto bene.»
«Purtroppo anche questo fa parte della vita – non finiremo mai di assistere a simili episodi. Chissà perché, ma il male sembra debba sempre vincere. Commossa è poco.»